“Se l’attacco risulta lento, allora c’è un miglioramento”

Suonava più o meno così una frase che lessi tempo fa in un libro, che raccoglieva i pensieri di Morihei Ueshiba, detto O’Sensei, fondatore dell’Aikido, e probabilmente uno dei più grandi maestri mai esistiti. Si riferiva, volendo molto sintetizzare, al fatto che quando si riuscivano ad intuire le intenzioni del compagno da una serie di atteggiamenti, corporali per esempio, allora vi era un miglioramento nella pratica. Poi ci sarebbero da scrivere capitoli interi su questo discorso, ma non è questa la sede. Ho preso questa frase solo come spunto perché, per la prima volta credo, mi sono trovato nella vita di tutti i giorni una cosa che suona esattamente il contrario di quanto ho imparato ad Aikido. Ieri mi suonava più o meno così.

“Se il tempo risulta troppo lento, allora c’è peggioramento”

In realtà, semplicemente, sono due facce della stessa medaglia. Mi sono trovato a formulare la frase sopra quando, in auto, dalla mia compilation è scappata fuori una canzone che andava di moda quando ero poco più che adolescente, e frequentavo le discoteche (per chi fosse interessato “Funzioni Primarie – Velvet”, sorvolate sul testo, ve ne prego). La cosa che mi ha colpito è stata che ricordavo questa canzone, che non sentivo da tempo, come un pezzo con un ritmo martellante, incalzante, con quell’attacco di chitarra che avresti sparato a tutto il volume che le casse (ed i tuoi timpani) erano in grado di sostenere, ideale da scatenarsi e ballare (non che sia mai stato un ballerino, anzi tutto il contrario). Ed invece, risentendola ieri, mi è suonata quasi lenta, rispetto a certi pezzi che trasmettono in radio oggi. Come se passasse troppo tempo fra una battuta e l’altra, come se quell’istante di silenzio fosse sprecato. Incredibile, non l’avrei mai detto. Ed ho pensato al perché. Col passare degli anni tutto è diventato più veloce, e la musica non fa eccezione. Tutto subito, e tutto bene. Che grande sciocchezza… Il fatto stesso che vogliamo fare tutto in velocità significa che non ci godiamo le cose, non ne cogliamo l’essenza, e quindi per forza non le facciamo bene. Invece le cose andrebbero vissute lentamente, e ci dovremmo rendere conto che quei momenti di silenzio fra il rumore non sono tempo sprecato, anzi, sono vita molto più del rumore stesso. Ed ecco, allora, che, assaporandoli, ogni cosa avrà il giusto tempo, e tutto ci sembrerà dilatato, potendolo sentire con calma, viverlo nella propria essenza, percepirne i tempi morti. Comprese le cose che sembrano piombarci addosso improvvisamente, proprio come un attacco che non ci aspettavamo. Proprio come diceva O’Sensei. E così il cerchio si chiude, e ritorniamo alla frase iniziale…