Oggi ho il piacere di pubblicare l’intervista a Roberto Serafini, autore che ho conosciuto casualmente leggendo uno dei suoi romanzi, Cyborg 1.0, storia ambientata in un futuro forse neanche troppo lontano, che ci porta a riflettere sulla natura dell’animo umano, e sul controverso rapporto con intelligenze artificiali sempre più “umane”. Sotto il link al sito dell’autore e l’intervista!

http://www.robertoserafini.it/

Buongiorno Roberto, e grazie per aver accettato questa intervista. Cominciamo col parlare di te. Noto che la tua passione principale, oltre alla scrittura ovviamente, è la musica. Cosa ti ha dato in questo periodo questo tuo hobby? Pensi che, senza essere un appassionato di musica, i tuoi romanzi, il tuo modo di scrivere, sarebbero stati differenti?

Buongiorno a te e grazie per lo spazio che mi dai nel tuo blog. La musica è in effetti la passione che coltivo fin da bambino. È un hobby che mi ha accompagnato per tutta la vita sia ascoltandola sia soprattutto suonando uno strumento, che poi è il pianoforte. Dire cosa mi abbia dato in assoluto la musica e in particolare suonare, senza ombra di dubbio, la voglia di mettermi in gioco, sfidare un po’ me stesso per cercare di riuscire a riprodurre delle musiche composte da grandi compositori del passato o di musicisti e cantautori del presente, cosa che è fattibile solo con ore e ore di studio e tanta pazienza. Ascoltare, invece, mi aiuta a riflettere, a stare con me stesso, a trasportarmi in epoche più o meno lontane, a volare anche con la fantasia. Sinceramente non credo che se non avessi avuto questa passione il mio modo di scrivere sarebbe stato differente. È vero che la scrittura per risultare piacevole deve essere anche un po’ musicale, cioè risuonare come una melodia nella mente del lettore e forse, per chi suona, potrebbe essere un piccolo vantaggio, ma non credo che sia così fondamentale essere un musicista per scrivere in modo gradevole. Senza contare che anche per la scrittura i miglioramenti arrivano con il tempo. Più si scrive più si migliora.

Cyborg 1.0 è stato pubblicato con Youcanprint, una piattaforma di self publishing. Al giorno d’oggi, a volte ingiustamente, i romanzi self published sono visti come testi di “serie B”, se non altro perché chiunque praticamente può pubblicare qualsiasi romanzo in self publish, a differenza di chi si affida ad una casa editrice, e deve quindi sottoporre l’opera al suo giudizio. Cosa pensi dello sviluppo del self publishing? Un vantaggio, in quanto dà la possibilità a più persone di far conoscere al pubblico le proprie opere, od un limite, in quanto rischia di immettere sul mercato materiale a volte di scarsa qualità?

È vero che spesso, come tu dici, quasi ingiustamente gli autori che si auto pubblicano vengono visti come quelli che, non avendo trovato una CE, decidono di provare la strada del self publishing pur di pubblicare, ma è anche vero che oggi l’auto pubblicazione non è più una sorta di ripiego anzi, direi proprio che è diventata una scelta e spesso, oserei dire, anche una prima scelta. Poi bisogna anche sfatare il mito che solo nel self ci siano opere con errori, refusi o contenuti di scarsa qualità. Questo può capitare, e capita, anche nei romanzi pubblicati con le CE più o meno famose e comunque ho letto ottimi romanzi anche tra le pubblicazioni self. Pensa che nella mia libreria ho uno scaffale con oltre cinquanta libri di autori che hanno pubblicato con Youcanprint.

Ti è capitato di collaborare con delle case editrici, o sottoporre a loro le tue opere? Come è stata l’esperienza?

A dire la verità il self publishing è stata sempre la mia prima opzione, almeno fino a ora, quindi non ho mai inviato nulla alle case editrici. Penso che al momento non abbia nessun interesse a cambiare il mio modo di pubblicare, ma in futuro chissà, mai dire mai.

Come ti sei trovato con la traduzione delle tue opere in altre lingue, utilizzando Babelcube? Ti ha dato i risultati sperati? Pensi che per un autore italiano sia possibile farsi conoscere al di fuori della nostra penisola?

È già difficile farsi leggere in Italia, figuriamoci all’estero. In ogni caso sto tentando di esportare Cyborg 1.0 che è stato tradotto tramite la piattaforma da te citata in inglese e spagnolo. Ho trovato due validi traduttori con in quali ho collaborato con grande soddisfazione. Già questo per me è stato un grande risultato.

Passiamo ai tuoi romanzi. Passi dal tuo primo libro/biografia, dedicato alla figura di un sacerdote, a libri impegnati, che toccano anche temi scottanti come la mafia, a Cyborg 1.0, ambientato in un futuro forse neanche troppo lontano. C’è qualcosa che li accomuna, un filo conduttore?

No, sono tre opere completamente diverse l’una dalle altre. Si potrebbe pensare che io non abbia un genere preferito e che non mi si possa ancora ben identificare come autore che scrive un determinato genere. In effetti è così, scrivo quello che mi piace, quello che mi ispira o attrae in un determinato momento. Pensa che ho altri tre lavori iniziati – chissà se li porterò mai a termine – di tre generi diversi. Un romanzo storico, un romanzo di fantascienza e una specie di guida turistica sui luoghi visitati da un famoso compositore del passato. Quindi, come vedi, l’unica cosa che può accumunare i miei libri è solo la passione per la scrittura e quella di raccontare storie. Forse tra la biografia del sacerdote e il mio terzo libro che parla di un giornalista ucciso dalla mafia, Cosimo Cristina, posso dire che in comune c’è stato un grande lavoro di ricerca delle fonti. Ecco, mi piace molto andare a ricercare nel passato le tracce lasciate dalla figura di cui parlo.

Parliamo di Cyborg 1.0, il romanzo che ho avuto il piacere di leggere. La prima cosa che è venuta da chiedermi è che personaggio è veramente John, il protagonista. Inizialmente non si capisce molto di lui, ma pian piano, scoprendo gli eventi che lo hanno segnato in gioventù, si inizia a capire che ha subito dei traumi che non supererà mai completamente. L’idea di creare un automa dalle forme femminili è forse un suo bisogno di sostituire ai rapporti umani, che ormai sembra non riuscire più a coltivare, qualcos’altro?

Le mie intenzioni erano proprio quelle di far scoprire il personaggio principale un po’ alla volta, come quando a teatro si apre il sipario rivelando poco a poco quello che c’è sulla scena. E così è stato lo sviluppo del protagonista, rivelando poco alla volta i suoi traumi di gioventù, i suoi tormenti interiori, le sue aspirazioni, i suoi desideri di rivincita personale per riscattarsi dal suo passato. Per quanto riguarda i suoi limitati rapporti umani, in particolare con le donne, possiamo vedere anche qui il percorso di John nello svolgersi della storia. Con il suo carattere chiuso, introverso e solitario, capace di relazionarsi solo con le sue macchine e con un surrogato di donna, seppur perfetta, quale è la sua eccezionale invenzione, tenta alla fine di riprendere in mano la sua vita e cogliere l’opportunità che gli si presenta di conoscere e frequentare una donna in carne, ossa e sangue invece che fibre di carbonio, silicone e microprocessori. Possiamo vedere come sia possibile, per chiunque, cercare di ripartire da zero per riprendersi qualcosa che si era perso o abbandonato.

Passando alla ragazza che conosce John, la sua ex vicina di casa che non rivedeva da tanto tempo, ci si sarebbe aspettati quasi una figura che può salvarlo da questa sventura. Invece, proprio come lui, è una persona con gravi difficoltà. Forse per questo, essendo così simili, si attraggono?

John non conosce i problemi della ragazza che incontra di nuovo dopo tanto tempo, quindi l’attrazione tra i due è sincera, spontanea, senza forzature. Per lui è una sensazione bella quella di poter dialogare di nuovo con una ragazza, uscire insieme per una cena, passeggiare. Cose che aveva quasi dimenticato e che ora ha ritrovato e che non vuole più perdere. Si trova quindi di fronte a una persona che potrebbe illuminare di nuovo il suo cammino dopo un passato oscuro.

Arriviamo al finale. Devo ammettere che mi sarei aspettato un “lieto fine” differente, ma sicuramente la conclusione ricalca l’andamento del romanzo. Hai mai pensato di scrivere un finale differente, o forse più ottimistico? Anche se devo dire che quel tocco di ironia finale, che non svelo per non spoilerare, è piaciuto, e ha lasciato quasi un senso di “freddura inglese”, se mi permetti.

Il finale credo ricalchi un po’ tutto il romanzo, dove niente è scontato, dove in un attimo tutto può essere stravolto e anche ciò che sembra finito può essere invece un nuovo inizio. Devo dire che sì, il finale è piaciuto, anche se lascia un po’ di amaro in bocca, ma anche un filo di speranza per quello che ci potrà essere un domani. Qui ci si scontra però con l’etica e la morale facendoci sorgere alcuni interrogativi: cosa potremmo essere in futuro? Cosa potremmo diventare? La strada è già stata tracciata?

Hai progetti per il futuro, riguardo alla scrittura? Qualche opera in cantiere su cui vuoi dare qualche anticipazione?

Come già accennato prima ho delle cose in cantiere, non ho però un ordine preciso su cosa pubblicherò per primo né quando. Oltre ai due romanzi e alla guida sto lavorando anche su qualcosa che riguarda il protagonista del mio ultimo libro, il giornalista Cosimo Cristina. Ho ancora del materiale originale da studiare e riordinare, magari ne uscirà fuori qualcosa.

Vuoi dare un consiglio a chi si cimenta per la prima volta nella scrittura e pubblicazione di un libro?

Consiglio sicuramente di credere in se stessi, se si hanno delle buone idee bisogna avere il coraggio di comunicarle, raccontarle. Raccomando però di approcciarsi alla scrittura sempre in modo professionale, avere pazienza nella rilettura dei propri scritti, farli poi editare da una persona esperta e affidarsi a un grafico per la copertina. La confezione deve essere all’altezza del contenuto perché la prima cosa che un potenziale lettore guarda è appunto l’aspetto esterno. Se vedessimo la facciata fatiscente di una casa saremmo portati a pensare che anche all’interno essa sia trascurata, lo stesso penso sia per un libro. Se la copertina è bella, la quarta di copertina anche, con una descrizione convincente, tutto porta a incuriosirci e magari a sfogliare qualche pagina. Se avremo le stesse sensazioni anche per quelle poche righe che casualmente andremo a leggere, ecco che decidiamo di acquistare quel libro.

Grazie per aver accettato questa intervista, speriamo di leggere presto un altro tuo romanzo!

Spero anche io di pubblicare quanto prima. Ti ringrazio ancora per l’avermi dato l’opportunità di parlare dei miei lavori e saluto affettuosamente te e i lettori del tuo blog.